Encanto è un film d'animazione del 2021 prodotto da Disney e diretto da Byron Howard e Jared Bush insieme a Charise Castro Smith.
Fin dalla prima visione sono rimasta molto colpita dai temi trattati, e ho subito pensato che la rappresentazione di questa famiglia potesse essere uno dei tanti esempi di una terapia sistemica riuscita.
Ma andiamo con ordine.
Quella di Encanto è una famiglia molto numerosa e matriarcale: la nonna Alma è la capa della famiglia, ha cresciuto i suoi tre figli da sola ed è un punto di riferimento per i suoi nipoti. Ci viene mostrata come una donna forte, che ha sempre lottato per il benessere della famiglia. Sappiamo, però, fin da subito, che questa sua determinazione deriva da un grave lutto che ha dovuto affrontare quando era ancora una giovane donna: ha perso suo marito Pedro in un clima di terrore e incertezza per il futuro. Alma riesce a risollevarsi grazie a un dono magico: una CASA, metafora di noi stessi, specchio della nostra interiorità. È per questo che Alma deve proteggere la casa a ogni costo: non può permettersi di soffrire nuovamente, di perdere se stessa un’altra volta e di ritrovarsi in una situazione di invulnerabilità. Erige, quindi, dentro di sé dei muri spessi, che le impediscono di esprimere liberamente le sue EMOZIONI, che appaiono coartate. Dentro di sé è terrorizzata che possa accadere nuovamente qualcosa di brutto alla sua casa, alla sua famiglia, quindi a se stessa. La casa è la sua forza e la sua vulnerabilità, e lei non può permettersi di essere debole, tutto deve essere perfetto, e tutto deve andare per il meglio. È un mantra che interiorizza presto e che trasmette anche ai figli: le emozioni positive sono accettate, mentre i lutti, le pene, la malattia o anche solo le piccole sofferenze della vita non devono essere affrontate, sono polvere da nascondere sotto il tappetto, da eliminare. Ogni persona deve avere un ruolo preciso e deve adempiere a un compito, ognuno deve rendersi utile per la casa, per la famiglia.
Nella mente di Alma ognuno è un ingranaggio che si muove in perfetta sintonia e simmetria, in un orologio ben congeniato e costruito, che prende il nome di famiglia perfetta.
NON È CONCESSO SBAGLIARE.
È qui che Alma si trova ad affrontare il primo ostacolo: suo figlio Bruno ha un dono molto scomodo per lei, perché va contro tutti i suoi principi, tutto quello che ha costruito finora con fatica: è l’unico che dice le cose come stanno, la VERITÀ, senza paura delle conseguenze. Bruno ha una visione: la casa cadrà in pezzi e Alma non riesce a sopportare questo dolore, perché per lei questo significa che lei stessa cadrà in pezzi. Non può e non vuole affrontarlo. E, quindi, fa quello che ha imparato a fare meglio: nascondere il vero e fingere che vada tutto bene. Non racconta nulla ai figli e Bruno scompare tra le mura di casa. Bruno stesso diventa una storia che non si può raccontare: la famiglia appare poco dialogica, incapace di affrontare la sparizione improvvisa di un membro così importante; si delinea in tutti i membri una radicata paura nell’affrontare la sofferenza, tutte le emozioni negative devono essere compresse, nascoste o eliminate.
La zia Pepa non può permettersi di avere sopra di sé un cielo nuvoloso, bisogna sempre mostrarsi felici e sorridenti. Isabela deve mostrarsi sempre perfetta, ordinata, felice, graziosa. Luisa regge letteralmente sulle spalle tutta la famiglia, è una donna forte, che lavora incessantemente e su cui tutti possono contare. Antonio ha così paura di non riuscire a far parte dell’orologio, di non essere un ingranaggio del sistema, che si nasconde, terrorizzato delle conseguenze sociali che ci sarebbero se non fosse all’altezza di una famiglia così costruita. Tutti devono agire nel bene della famiglia.
MA COSA SENTONO LORO DAVVERO?
È qui che entra in gioco la protagonista, Mirabel, l’unica di tutta la famiglia che non possiede un dono, la DIVERSA, la pecora nera. Lei è la portatrice del sintomo: il sintomo di sofferenza, di non inclusione, di incapacità di affrontare anche i momenti bui, di incasellamento in ruoli troppo rigidi, di cui la famiglia è infetta. È l’ingranaggio che si ribella e che mostra a tutti che questo sistema non funziona: è la paziente designata, che comincia a comportarsi in modo strano, a fare domande scomode e problematiche, per esprimere un conflitto all’interno del nucleo. Il suo sintomo, ovvero l’essere diversa, indica una disfunzionalità all’interno del sistema: Mirabel vuole dare voce proprio a questa anomalia.
Alma, già terrorizzata dall’assenza di un ruolo preciso di Mirabel, cerca in tutti i modi di incasellarla nel suo schema, ma i suoi tentativi sono vani e inutili. Mirabel per lei è fuori controllo e potrebbe essere un danno per l’intera famiglia. La protagonista non si lascia scoraggiare, poiché è l’unica che vede che la famiglia cade in pezzi (come mostrano metaforicamente e non le crepe sui muri della casa) e insiste nell’essere ascoltata. Ritrova, quindi, lo zio Bruno, che impersona la verità, e quest’ultima torna a galla: non se n’era mai andata, semplicemente era stata nascosta all’interno delle mura di casa, in modo che nessuno, nemmeno gli stessi membri della famiglia potessero vederla.
Isabela riesce allora a uscire dal ruolo impostole e finalmente mostrare la sua vera natura, ribellandosi anche alle scelte familiari, che la vedevano sposa di un ragazzo che non amava nemmeno: “io non ho mai voluto sposarlo, lo avrei fatto per la famiglia!”; Luisa, che aveva già mostrato i primi segni di cedimento, capisce che ogni tanto è necessario anche prendersi dei momenti di pausa e non essere performante tutto il tempo. Come in terapia, la famiglia sta iniziando a cambiare, e con il CAMBIAMENTO sta arrivando anche una consapevolezza nuova, un sentire diverso, un’unione mai provata prima. Alma, però, ha paura del cambiamento e delle sofferenze che potrebbero sottendersi in esso e aggredisce l’unica persona che ritiene da sempre responsabile: Mirabel. Quest’ultima, però, le apre gli occhi sul sistema familiare: è a pezzi per colpa di questa estrema rigidità e incasellamento che impedisce ai singoli membri di essere semplicemente se stessi e di stare nella sofferenza.
LA CASA CROLLA.
Ma finalmente Alma vede Mirabel per quello che è, la ascolta per la prima volta e la comprende. E comprende anche se stessa. Capisce che la paura di perdere tutto, le ha tolto anche la facoltà di amare. Tale consapevolezza unisce la famiglia che finalmente raggiunge la fase ultima di questo viaggio, di questo percorso terapeutico. La casa viene ricostruita e i singoli membri sono finalmente liberi di essere se stessi. Alma non nasconde più il dolore, che riconosce far parte della vita, mentre Mirabel è finalmente vista dagli altri.